ARCICONFRATERNITA DI MARIA SS. DEL ROSARIO - I Misteri

L’Arciconfraternita Maria SS. del Rosario da secoli organizza la Processione dei Misteri con le immagini dei momenti della passione: ben otto icone in legno e cartapesta, veri e propri capolavori di scultura e arte popolare capaci di evocare passioni ed emozioni ad ogni rinnovarsi del rito della rappresentazione della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Ciascuna immagine è un condensato di fede ed estasi nel rappresentare il percorso che ha portato il Cristo sin sulla croce e alla morte. I misteri sono conservati durante l’anno nella apposita cappella posta sul lato destro della chiesa di san Domenico, incastonati ciascuno nella propria nicchia.
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(cliccare per vedere le foto dei Misteri di Ezio Marrone)
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Gesù nell’orto degli ulivi - La figura orante che, a mani giunte e in ginocchio, lascia naufragare lo sguardo nell’infinito, sintetizza, nella disarmante semplicità del gesto, la consapevoleza dell’imminente passione e la convinta adesione al progetto di salvezza. Non si colgono, in questa scultura, concessioni alla teatralità barocca; lo scalpello dell’artista ha saputo accarezzare il legno per interpretare e tradure in scultura la delicatezza della figura raccolta in meditazione nell’orto degli ulivi. I capelli che, fluenti scendono lungo il collo, incorniciano un volto rapito quasi in una contemplazione estatica; l’arcata sopraccigliare lievemente inclinata anticipa sulla fronte il leggero movimento delle labbra, appena socchiuse. La tensione si concentra in un unico particolare anatomico, la muscolatura tirata del collo.
La figura è avvolta da una veste rosso-sanguigno con scollo a barchetta che, pesante, scende lungo il corpo senza disegnare particolari anatomici; il tessuto tenuto al cinto da un cingolo di canapa intrecciata, disegna sul legno rigide pieghe che solo nella parte inferiore del corpo conferiscono un lieve dinamismo col morbido panneggio raccolto tra le gambe.
Gesù flagellato - L’immagine di Gesù flagellato col corpo lievemente flesso sul tronco di colonna si erge ad icona del dolore e a monito della stoltezza umana. Eloquente, in tal senso, la totale nudità del corpo, avvolto da un perizoma a strati su cui delicatamente si esprime il virtuosismo pittorico dell’artista: il tessuto di color panna lascia intravedere infatti un geometrico disegno a strisce rosacee. Più che nel volto dallo sguardo ormai spento ed assente, la forte espressività della scultura si concentra nel curato e misurato cromatismo che il recente restauro ha riportato alla luce: le escoriazioni rossastre e le lividure disegnano, a tenui pennellate, il dramma del dolore che, a tratti, emerge anche dalla tensione muscolare del collo, del tronco e delle braccia raccolte a croce sulla colonna.
All’espressività cromatica la scultura coniuga il leggero dinamismo di pochi particolari: la leggera torsione del volto rispetto al busto, la curva disegnata dall’intero corpo, l’incontro a croce delle mani, il ricco panneggio del perizoma, la gamba destra lievemente flessa all’indietro. Ne deriva una sintesi di forze contrastanti che conferisce al legno della scultura un globale equilibrio.
Gesù coronato di spine - Il mistero doloroso della incoronazione di spine rivive nell’eloquente dettaglio di un volto incorniciato da una ghirlanda di rovi spinosi. E’ questa una delle due sculture lignee a corpo nudo, i cui particolari anatomici, senza sovrapposizione alcuna di tessuti o motivi ornamentali, rievocano l’intenso patetismo della Passione. Dal volto, scarnificato e mesto, dagli occhi, socchiusi e rivolti verso il basso, dalla bocca, appena aperta, il dramma del dolore si irradia su tutto il corpo che si fa ostentazione di una anatomia brutalmente segnata dai colpi di flagello.
Di questo corpo straziato ben poco sottraggono alla vista il mantello sanguigno ed il perizoma fasciato: rannodato sul petto, il manto scende pesante sugli omeri senza avvolgere la figura ma limitandosi ad accarezzare tutta la superficie posteriore della scultura; il perizoma, il cui tessuto, intagliato sempre nel legno e raccolto con un nodo sul fianco sinistro, disegna morbide pieghe, lascia cogliere il gusto pittorico dello scultore nell’essenzialità di un motivo a fasce verticali di colore rosaceo e verdastro sul tessuto chiaro. La gamba sinistra lievemente flessa all’indietro e il volto appena reclinato a destra lasciano cogliere tracce di dinamismo in una scultura complessivamente statica: anche le braccia che, legate ad una canna di bambù, si incrociano all’altezza dell’ombelico, trasmettono una chiara sensazione di pesantezza, quasi a suggerire la rassegnata accettazione del dolore.
Gesù con la croce - Il rito cristiano della Via Crucis rivive con note di intenso patetismo nella scultura lignea raffigurante Gesù gravato dal peso della croce. La figura del Cristo, dal volto incorniciato di spine, scarnificato e rivolto verso il basso, si erge, sotto la Croce, avvolto dal pesante tessuto sanguigno della tunica: le fitte pieghe del tessuto accentuano il verticalismo della scultura che, nella posa per nulla scomposta, sembra non risentire affatto del peso della croce.
La caratterizzazione dei particolari anatomici e l’ostentata apoteosi della passione, tipica delle sculture sei-settecentesche, sono soffocate dal pesante panneggio che, modellato nel legno, sottrae alla figura qualsiasi traccia di dinamismo; si coglie, a stento, nel groviglio delle pieghe, la timida flessione della gamba destra col ginocchio proteso nel tentativo di un incedere lento e grave. Le forze dinamiche si concentrano nella parte superiore della scultura e culminano nel gesto simbolico delle braccia protese quasi per abbracciare il braccio della croce, piuttosto che per sopportarne il peso.
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Il Calvario - Un suggestivo trittico completa il ciclo dei Misteri Dolorosi: ne fanno parte le immagini di Gesù Crocifisso, della Vergine Addolorata e di S. Giovanni. Il gruppo statuario, che riproduce il patetico incontro sul monte Calvario, è l’opera più recente fra le sette che animano la processione del Sabato Santo. Commissionato dalla confraternita del SS. Rosario nel corso del XIX secolo, il manufatto trae forza espressiva dalla efficacia della raffigurazione scenica che, attraverso la sintesi di sguardi e di movimenti, instaura un muto colloquio fra le tre immagini. Giovanni, figura mediatrice fra le due creature di natura divina: il Crocifisso e l’Addolorata, si erge alla destra della croce per fondere, attraverso lo sguardo puntato su Cristo e le mani protese verso la Vergine, il mistero della passione con il significato escatologico del sacrificio. In questa figurazione scenica che efficacemente interpreta i contenuti evangelici, acquista una sorprendente carica umana l’immagine della Vergine che, prostrata ai piedi della Croce, con le mani protese verso il figlio morente e gli occhi rivolti a terra per un comprensibile ed umano rifiuto di quello strazio, riecheggia nella patetica gestualità le rivisitazioni sulla passione di gusto popolare e teatrale proposte, per esempio, dalle Laudi, piuttosto che dalla letteratura evangelica. Nel complesso la scena del Calvario qui riprodotta eredita i caratteri tipici della teatralità barocca attraverso l’esternizzazione dei sentimenti e l’accentuazione della gestualità. Per quanto ispirata agli orientamenti più diffusi nella statuaria ottocentesca, la tecnica compositiva di questa Imago pietatis è varia in quanto alla cartapesta del Crocifisso, ricca di una sovradipintura particolarmente pigmentata in corrispondenza delle ferite, si integra una tecnica alquanto rara e insolita nella grande statuaria.
Trattasi dei due manichini con volto in cera policroma (questi ultimi forse settecenteschi), riproducenti S. Giovanni e l’Addolorata. La statua di S. Giovanni è un manichino ligneo con corpo di sostegno a gabbia; quella della Addolorata è pure un manichino formato di filo di ferro e bambagia, ricoperto con stoffa di cotone, ed indossa un vestito, color marrone, e velo nero; è un probabile adattamento di una Vergine eretta.
Le due immagini sono meritevoli di interesse non solo per l’esclusività della tecnica compositiva, non attestata in nessun esemplare della statuaria bitontina, e tanto più di quella ad uso processionale, ma anche per la qualità dei dettagli fisiognomici ed il buono stato di conservazione dei manufatti in cera. Gli abiti in tessuto che rivestono i manichini, compreso il perizoma sovrapposto alla cartapesta del Crocifisso, sono di recente fattura.
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Gesù deposto dalla croce (la naca) - La scultura lignea del Cristo deposto costituisce una mirabile sintesi degli orientamenti artistici, maturati e modificati nel tempo, in merito a tipologie statuarie e materiali. La lettura iconografica della scultura è, infatti, fortemente condizionata dal’invasivo intervento di restauro che ha alterato l’originaria tipologia dell’immagine, forse un Crocifisso, con l’aggiunta di particolari anatomici posticci in cartapesta.
L’attuale modellato del corpo, pertanto, si presenta nel complesso piuttosto rigido ed innaturale per l’effetto dell’ultimo restauro conservativo ispirato al recupero della scultura originaria. A questa è riconducibile senz’altro il modellato del volto a cui la morte sulla croce ha sottratto qualsiasi traccia di vitalità. Il capo del Cristo, reclinato a destra, è diventato materia inerte che cade pesante sull’omero ricoperto dalle scomposte ciocche della capigliatura. I folti capelli, divisi in due bande sulla fronte, lasciano cogliere il delicato incarnato del volto le cui tinte rosacee concedono ampi spazi ai rossastri rivoli di sangue e al lividore della morte.
I dettagli fisiognomici suggeriscono la condizione serena della morte: non c’è tensione alcuna nè sulla fronte spianata, né sulle guance distese, né sulla bocca socchiusa. Ben si armonizza con questo volto il tronco del corpo su cui l’anonimo scultore timidamente traccia i particolari anatomici del costato e dell’ombelico.
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Vergine Addolorata - L’immagine della Vergine Addolorata di proprietà dell’Arciconfraternita di Maria SS.ma del Rosario è riconducibile alla tipologia del “manichino vestito”, affermatasi nella statuaria a soggetto religioso in una fase tarda rispetto alla tradizionale e più antica scultura lignea. Di attribuzione incerta, l’opera viene commissionata nella prima metà del Settecento al fine di integrare il tessuto narrativo della processione dei Misteri Dolorosi. Per quanto non esista una coerenza tipologica ed una equivalenza qualitativa rispetto alle altre sculture del “ciclo della Passione”, questa statua riveste uno spiccato interesse antropologico che non è difficile rintracciare proprio nella tipologia del “manichino vestito” il cui valore meglio si estrinseca sul versante emozionale che non sul piano artistico. Il volto della Vergine Addolorata, incorniciato da una fluente parrucca, si presenta irrigidito dal dolore: gli occhi sbarrati e persi nel vuoto eludono qualsiasi forma di contatto con l’osservatore: il dolore sembra aver raggiunto quella intensità culminante che produce un effetto straniante. I gesti e l’espressione del viso riproducono la maschera del dolore codificata dalla tradizione iconografica statuaria e pittorica. Una vicinanza umana viene riacquistata per effetto dell’atteggiamento orante che, suggerito dalle mani giunte a dita incrociate, riconduce entro una dimensione umana la passione divina della Madre. Valorizzano il quadro di questa umanità straziata i preziosi tessuti merlettati e ricamati che compongono il vestiario della Vergine, a cominciare dalla biancheria intima che, completa di mutandoni, sottoveste, bustino e sottogonna, conferisce all’immagine un tocco di misurata popolarità. L’abito, confezionato in seta nera intessuta con fili d’oro, consta di bustino e gonnellone, pettorina e cintura ricamati con applicazione di pietre preziose, fazzoletto di seta bianca e velo.
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- Testo e foto tratti dal sito ufficiale dell' Arciconfraternita di Maria SS. del Rosario.
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(cliccare per vedere i Misteri nella loro cappella)